“Quanto riportato da alcune testate a proposito dei dati emersi dallo studio di Transport & Environment è fuorviante in quanto si rischia di fare di tutta l’erba un fascio”. Con queste parole Sandro Cobror, direttore di AssoDistil commenta i dati diffusi da Transport & Environment (T&E), organizzazione attiva sui temi della mobilità sostenibile, secondo i quali, negli ultimi dieci anni, l’inquinamento prodotto in Europa dai biocarburanti avrebbe provocato una deforestazione totale pari alla superficie dell’Olanda.

Se il biodiesel è inquinante, il bioetanolo non lo è di certo. “È fondamentale precisare – dice Cobror – che lo studio di T&E si riferisce al solo biodiesel, e alla tecnica HVO, un biocarburante che utilizza prevalentemente materia prima di origine extra-europea, in particolare olio di palma o di soia provenienti dal Sud Est Asiatico o dal Sud America con conseguenti problemi di deforestazione. Ciò che non viene detto è che esistono anche biocarburanti sostenibili, a partire dal bioetanolo, certificato sostenibile da enti accreditati dalla Commissione UE, derivante da una filiera controllata e che utilizza materia prima agricola che non proviene da zone soggette a deforestazione”.

Facciamo chiarezza sui biocarburanti. “Parificare il bioetanolo con il biodiesel – continua il direttore generale di AssoDistil – è un ragionamento errato e capzioso. Sempre secondo i dati riportati da Transport & Environment i biocarburanti europei avrebbero causato, inoltre, un’emissione di CO2 tre volte superiore ai carburanti fossili. Ancora una volta si rischia la disinformazione in quanto il dato fa riferimento al solo biodiesel. Nell’indagine Transport & Environment si afferma, poi, che le normative europee per la produzione di biocarburanti hanno trascurato le salvaguardie della sostenibilità e non hanno tenuto conto dell’intero ciclo di vita delle emissioni legate alla catena di approvvigionamento del carburante e all’uso del suolo. Si tratta di un’affermazione falsa: i biocarburanti immessi in consumo, infatti, devono rispettare rigidi criteri di sostenibilità imposti dall’Unione europea, incluso l’impatto dell’uso del suolo, sia diretto che indiretto”.

 Puntare sul bioetanolo certificato. “Oggi – continua Cobror – esiste una soluzione per decarbonizzare i trasporti alternativa all’uso di carburanti fossili che si chiama bioetanolo certificato sostenibile e che, oltre a essere il biocarburante più diffuso al mondo, ma non in Italia, consente un risparmio di emissioni rispetto alla benzina di oltre il 75%. Il bioetanolo può essere miscelato con la benzina fino al 10% (oggi cosiddetto E10) e utilizzato nelle auto come già avviene in molti Paesi UE. In Italia esistono produttori di bioetanolo certificato sostenibile ma, non essendoci ancora un mercato nazionale, destinano il prodotto all’estero oppure per altri usi. L’uso di bioetanolo, se confrontata con altre soluzioni, non richiede investimenti in infrastrutture, import di materie prime da Paesi extra UE e nuove motorizzazioni. Il bioetanolo, non solo è disponibile in quantità, ma risponde pienamente ai criteri di sostenibilità fissati dalla UE”.

Investire sul bioetanolo in Italia come accade nel mondo. “E’ fondamentale – conclude Sandro Cobror – che una piccola parte delle risorse del PNRR venga destinato a promuovere la diffusione del bioetanolo così che possa finalmente trovare il giusto spazio nel mercato dei carburanti da fonti rinnovabili come accade da tempo nei principali Paesi dell’Unione. Basterebbe fissare l’obbligo di immissione in consumo di E10 (contenente il 10% reale di bioetanolo al 2030), utilizzando meno dello 0,5% della dotazione del PNRR per finanziare nuovi investimenti in bioraffinerie avanzate nel nostro Paese, in grado di produrre anche altri prodotti “bio-based” e che, assieme alle distillerie esistenti, assicurino tutto il bioetanolo che serve al nostro Paese al 2030”.